Sono le due ultime cose che ricordiamo di lui, dell’ultimo periodo. Venti anni fa, il 24 gennaio del 2003 lasciava questo mondo l’Avvocato Gianni Agnelli; da quando divenne il capo indiscusso della FIAT, Giovanni, secondo figlio di Edoardo Agnelli e di Virginia Bourbon del Monte dei Principi di San Faustino, divenne “l’Avvocato” per antonomasia, seppure non avesse mai sostenuto l’Esame di Stato per l’abilitazione, dopo la laurea in giurisprudenza. Arrivai a Torino nel 1978 e imparai subito a riconoscere il rumore del suo elicottero che lo portava dalla villa in collina, all’ufficio di C.so Marconi o in fabbrica, a Mirafiori. Torino in quegli anni era la città taylorista ed operosa che presto non fu più, dopo gli spostamenti delle strutture della FIAT in altre regioni d’Italia, d’Europa e del mondo. Nonostante fossero gli anni delle violente lotte di classe delle maestranze, delle Brigate Rosse, che si accanirono spesso contro i quadri dirigenti dell’azienda di C.so Marconi e persino contro i sindacalisti che ritenevano non sufficientemente decisi contro i “padroni”, la città lo amava, tutto il Paese lo amava. Tutti amavano il suo carisma, l’eleganza, la sicurezza che emanava con naturalezza, la spocchia sottile da nobile piemontese, con tanto di erre blesa, che però non era mai volgare e non faceva sentire inferiori, semplicemente appartenenti a due mondi diversi, senza competizioni. Le immagini dell’Avvocato che veleggiava sugli amati legni d’epoca, le fotografie che lo ritraevano a Saint Moritz o a Zeermacht sulle piste da sci hanno fatto epoca, i pettegolezzi sulle amanti presunte o reali, non lo scalfivano. Persino le rughe del suo viso vissuto piacevano e lo rendevano pieno di fascino. Quel viso segnato e ambrato da una vita intensa e gaudente, nonché trascorsa più di quanto si possa pensare en plein air, per mari e per monti, era l’immagine di un’Italia vincente e potente, sulla ribalta internazionale. Fu uomo di grande amore per l’arte, per la cultura e per la bellezza, sia delle cose che delle donne, sempre vissute con grande stile: “Gli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare”. Questa sua famosa frase riassume lo stile di un uomo, di un capitano d’industria, di tifoso dell’amata Juventus, di un mecenate esperto. Tutta la città sfilò per un giorno intero pur di rendergli omaggio, rispettando la lunghissima fila con ordine e pazienza, pur di omaggiare la famiglia, che strinse le mani a tutte le migliaia di persone che intervennero. Per come sono andate le cose dopo la sua morte, sia in città, che nel Paese, devo ammettere che una certa nostalgia di quel periodo e di quella figura la sento. La storia ci regalerà un altro Gianni, magari con caratteristiche adeguate ai tempi ma con lo stesso carisma, la stessa eleganza e la stessa ironia? Speriamo, ne abbiamo bisogno…