di Giuseppe Cicogna
Torino, 08.11.2023: ogni giorno ci domandiamo se c’è una speranza di fronte alla persistenza della violenza, delle guerre, delle conflittualità o se siamo davvero impotenti, ma non possiamo esserne indifferenti. La mia breve riflessione parte dal concetto di redenzione.
Una bella definizione di questa parola mi è apparsa come prima voce facendo una ricerca su internet:
“Acquisizione di uno stato di libertà fisica o morale attraverso la liberazione da colpe e motivi d’infelicità.” [Oxford Languages].
Inevitabilmente dobbiamo prendere atto dell’infinito conflitto israelo-palestinese che si ripresenta in questi giorni come un cancro mai sconfitto. Il cancro mai sconfitto sta nell’ossimoro guerra-di-religione. O guerra-religiosa.
Nel momento esatto in cui queste due parole trovano un qualche tipo di contatto, dal mio punto di vista, la religione ha infatti smesso di essere tale da lungo tempo.
Certamente la religione è in contatto con la politica nel senso più alto di questi termini. Ma quando la politica stessa diventa sinonimo di “interessi particolari” ha smesso di essere politica esattamente quanto la religione smette di essere tale nel momento in cui inizia a scendere a compromessi, per non dire ad essere collusa, con “interessi particolari”.
La religione, come la politica, è fatta da persone e le persone sono corruttibili. Noi siamo corruttibili. Ma all’interno delle religioni esiste forse un pugno di persone che ha quella capacità/senso di responsabilità in più nel distinguere il giusto dallo sbagliato ed è su queste poche persone che si fonda la flebile speranza dell’umanità.
La guerra è sempre una soluzione sbagliata. Se ne esce sempre sconfitti, indipendentemente dal fatto che la si voglia vedere da un punto di vista religioso o laico, dal punto di vista di chi è invaso o di chi invade.
E tutti gli interessi particolari che sottostanno alle logiche che portano alla guerra sono di conseguenza sbagliati.
Tutto ciò è motivo di grande infelicità per la gran parte delle persone. Al tempo stesso nessuno può ritenersi senza responsabilità per ciò che sta accadendo.
Ecco perché invito chi come me si ritiene religioso alla redenzione, ad un accurato esame di coscienza che ci porti a tornare alle origini dei rispettivi insegnamenti; per questo faccio ricorso alla mia esperienza religiosa in Scientology.
L. Ron Hubbard ad esempio scrisse diverse lettere e direttive riferendosi alla facilità esistente nella natura umana di deviare dalla purezza etica degli insegnamenti volti al maggior bene. Scrisse anche il modo di rimediare a questa tendenza. Nonostante ciò tocca a noi impegnarci a mettere in pratica con energia e fermezza quegli insegnamenti che, quando realizzati, portano come risultato vera civiltà, vera civilizzazione, vero spirito di unione e fratellanza sulla terra, vero avvicinamento a Dio e se vogliamo, felicità.
Ogni maestro religioso ci ha spiegato come fare, ha impegnato l’intera esistenza ed ha pagato moltissimo per lasciarci questi insegnamenti.
La guerra costa tantissime vite, denaro, risorse, impegno. La creazione di una società non conflittuale dovrebbe impegnarci molto, molto di più e anch’essa necessita di risorse, con la differenza che non crea distruzione per tutti, ma, al contrario, costruisce. Non si può però creare un mondo di pace con pagliuzze spezzate e iniziative sporadiche quando la guerra gode di forza fisica, organizzativa e materiale pressoché illimitate.
E’ indispensabile un maggiore e intenso lavoro di unione inter e intra-religioso per creare un cambiamento favorevole a partire dalle nostre comunità verso l’intera umanità. Forse è questa la speranza dell’umanità.