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Recensione critica al libro di Roberto Vannacci

Ho letto con grande interesse Il mondo al contrario e la prima impressione generale che se ne ricava è che l’autore (che ne è anche l’editore, essendosi autopubblicato), non sia persona di raffinatissima cultura, anche se si sforza in tal senso. Talune considerazioni, come quelle sull’origine della famiglia sono giustificate da un «è stata semplicemente l’espressione della Natura» che fa rimpiangere le sintetiche e lucide argomentazioni di Bobbio.

Cionondimeno la prima impressione che ne ho tratto è di sorpresa, di profondo stupore per vedere scritte nero su bianco posizioni che non si sentivano da decenni. Su valori dimenticati come l’impegno, il merito, il sacrificio, la casa, la famiglia, cose che abbiamo sempre saputo, ma avevamo rimosso. Già perché, ad una più attenta riflessione, Vannacci non è che dica qualcosa di innovativo, anzi riprende temi tradizionali, in parte conditi da amarcord della sua giovinezza. Sulla casa in Italia abbiamo una legge molto sbilanciata a favore dell’inquilino, con il risultato che il mercato si ingessa ed è pieno di case sfitte, a danno di potenziali inquilini; su questo tema si era già espresso chiaramente il Presidente Einaudi. Di energia si è occupato a suo tempo Piero Angela; il tema della legittima difesa è spesso agli onori delle cronache. Argomentazioni che abbiamo, già visto, già pensato, in parte già apprezzato, ma che non potevamo più dire da tempo, per non offendere qualcuno, in nome di un pervasivo onnipresente Politically Correct che ha finito per portarci all’autocensura. All’autolimitazione del pensiero e dell’espressione, quasi come l’ha descritta Orwell in 1984: lo stopreato sta a rappresentare, in sostanza, la facoltà di arrestarsi in modo rapido e deciso, e come per istinto, sulla soglia di qualsiasi pensiero pericolosoin sostanza stupidità protettiva. (G. Orwell, 1984, Oscar Mondadori Classici Moderni, traduzione di Gabriele Baldini, Milano, 1973, p. 219).

Più che polemizzare sui temi, vale la pena di chiedersi perché quindi Il mondo al contrario abbia ottenuto un così ampio successo. 230.000 copie vendute, oltre 8.400 valutazioni su Amazon con una media di 4,7. Probabilmente perché squarcia il velo di ipocrisia e di pensiero unico come il bambino che dice «Il re è nudo!». O come Fantozzi che si alza in piedi ed esclama «Questo film è una cag*** pazzesca!» (personalmente ritengo invece che La corazzata Potemkin sia un capolavoro della storia del cinema), suscitando l’entusiasmo di quelli che lo pensavano, ma non avevano il coraggio di dirlo. Un fenomeno editoriale di queste proporzioni, con uno strascico di infinite attacchi, mi ricorda molto quando, nel 2003, uscì Il sangue dei vinti di Giampaolo Pansa. Si disse che non era uno storico ma un giornalista che non aveva l’autorevolezza, etc. etc. intanto però ci si dovettero confrontare tutti. Perché aveva rotto un tabù, quello del pensiero unico partigiano, facendo notare che in Italia anche gli altri hanno combattuto ed hanno storie da raccontare, perché noi posteri si possa arrivare ad una memoria storica completa, prima ancora che condivisa. Dopo Pansa abbiamo avuto opere ben più autorevoli come quelle di Gianni Oliva, ma è lecito chiedersi: Oliva avrebbe potuto parlare di foibe, di esodo, di RSI, se prima Pansa non avesse squarciato la tela? Questo è il merito di Vannacci, aver dato una sterzata alla coscienza collettiva, aver aperto la strada al dibattito ed alla consapevolezza che su certi temi si possa non essere d’accordo, senza essere trattato come un paria.

Bisogna onestamente riconoscere che nel testo non si presenta come generale, ma solo come cittadino: vi è qualche cenno alle esperienze all’estero, ma le sue opinioni rimangono personali. Che ne sarà di lui? Si è candidato alle elezioni europee, potrebbe essere eletto in quella sede, o in altra più avanti. Questo ne farà un leader politico? Mah. Più probabile che diventi un quadro di partito, assorbito dal vorticoso sistema politico o magari capisca che è un mondo troppo diverso da quello militare cui è abituato. Mi sovviene la vicenda di De Falco, ricordate? Quello che ebbe il suo quarto d’ora di notorietà urlando a Schettino: «Lei vada a bordo, ca***!». Fu eletto senatore con i 5 stelle, poi espulso dal gruppo perché non si allineava alle logiche di partito, quindi lasciò la politica, con l’intenzione di tornare in Guardia Costiera.