Loading

“Soltanto apparentemente il fiume scorre verso il mare perché, nello stesso tempo, risale anche verso la sorgente”.

Alle stranezze narrative di Baricco siamo abituati da tempo.

Del resto, a segnare il suo esordio come scrittore, nel 1991, è stato “Castelli di Rabbia”: un testo senza intreccio né finale, con il quale ha vinto il Premio Campiello.

Ha continuato a sperimentare, poi, sfilando le trame dai racconti, rendendoli leggeri come “Seta” (1996), e – a distanza di otto anni dal suo ultimo romanzo, “La sposa giovane” (2015) – è tornato con “Abel”: un Western metafisico, ambientato in un ovest immaginario, dai contorni incerti. 

In primo piano la storia di un pistolero – Abel, appunto – narrata attraverso ventisette episodi sparsi della sua vita. Ventisette come gli anni che ha quando, per essere riuscito ad eseguire con le sue pistole un colpo detto “il mistico”, diventa leggenda.

Di lui non conosciamo l’aspetto, ma solo il destino: sparare.

Non si sta comodi, almeno all’inizio, tra le pagine di questo bizzarro non-romanzo: nell’ovest immaginario, con poche coordinate di tempo e spazio, ci si sente smarriti. L’ istinto è quello di riordinare i ventisette racconti, per assegnare un ordine cronologico agli eventi della vita di Abel, o quello di cercare di mettere a fuoco spazi, panorami e volti.

Impossibile.

Le parole, su questi punti, sono evanescenti.

Non resta, quindi, che procedere tra le pagine aggrappandosi a ciò che è nitido:

il fischio di un proiettile,

la polvere,

la tempesta,

il calore di un corpo,

l’angoscia della morte,

lo spostamento d’aria provocato da uno sparo,

le mani piccole e le labbra orientali della donna che Abel ama: Alleluya Wood, che lo ricambia con un sentimento onesto e affilato, che gli scava dentro.

E, di colpo, tutto appare chiaro.

Una crepa squarcia la superficie del mondo conosciuto e spalanca l’orizzonte di Abel e del lettore verso l’ignoto: cioè, verso la parte invisibile, mistica e spirituale che caratterizza ogni esistenza.

Teorie filosofiche si mescolano a citazioni bibliche e alle profezie di una strega, come in un’unica grande memoria, e le coordinate di tempo e spazio diventano superflue.

In quella crepa, che ha rigato la superficie reale, il “prima” e il “dopo” degli eventi della vita di Abel, e di ciascun uomo, si annullano in un unico movimento, in «un solo respiro».

“Soltanto apparentemente il fiume scorre verso il mare perché, nello stesso tempo, risale anche verso la sorgente”.

C’è tanto di Baricco in questo romanzo.

Il timbro della sua voce, sempre profondo e ironico, è lo stesso di Abel.

Del resto, come ha osservato lui stesso quando è stato ospite del programma televisivo condotto da Fabio Fazio, «tutti i libri degli scrittori contengono gli scrittori stessi». «Non illudetevi: non esistono che libri autobiografici».