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Ho avuto il piacere di incontrare questa donna forte e determinata durante il convegno sull’Intelligenza Artificiale organizzato il 27 giugno a Torino presso il Theatrum Sabaude di Rete 7, e sono rimasta colpita dalla sua sicurezza e dalla bellezza delle sue fotografie.

Chiara nasce a Torino nel 1965 e inizia a fotografare all’età di 8 anni, quando riceve in regalo per la Prima Comunione la sua prima macchina fotografica (che possiede ancora); da allora non ha mai smesso di guardare il mondo da dietro una lente con interesse sempre crescente per i viaggi e l’ambiente.

saputo questo, non ho potuto non saperne di più del suo percorso professionale e di vita.

D: Ho saputo che ha iniziato da bambina a fotografare e che i primi soggetti sono stati gli animali e la natura in generale; quanto hanno significato questi primi scatti?

R: Gli animali fanno parte della mia vita professionale e personale da sempre, mi sono laureata in Veterinaria proprio per l’amore che ho nei loro confronti, e fotografarli è stato un percorso assolutamente naturale. Solo in un secondo momento l’amore per i viaggi mi ha portato a scoprire la passione per la foto documentaristica e di reportage. Vede, gli animali sono meravigliosi da immortalare ma è difficile avere con loro l’interazione che soddisfa. Viaggiando ho iniziato ad avere relazioni con le persone che incontravo e questo mi ha pienamente nutrita emozionalmente, e lo fa tutt’ora.

D: La domanda può apparire banale e chissà quante volte le è stata rivolta, ma perché fotografa?

R: Fotografo per raccontare storie, per una ricerca estetica ed emotiva. La ricerca costante della luce, del colore, dell’attimo, ma soprattutto dell’interazione con le persone che incontro, mi dà una grande spinta alla condivisione e alla comprensione della natura umana ed è un’attività per me ormai indispensabile. Lo scambio che avviene attraverso la fotografia elimina barriere e difficoltà di comunicazione dovute alle culture differenti e alle diverse lingue; basta uno sguardo, un’immagine e la comunicazione è perfetta.

D: Qual è il tema ricorrente delle sue fotografie?

R: Gli uomini, le loro vite reali, i luoghi, la luce, i momenti irripetibili, la natura in cui vivono, i profumi che cerco di trasformare in immagini: la realtà insomma!

D: Come si rapporta con le persone che fotografa?

R: Intanto cerco di non corrompere la bellezza della loro genuinità; non mi interessa che “posino”, li voglio cristallizzare nella loro realtà, nella quotidianità, portando nelle immagini la loro vera essenza, senza sovrastrutture o mie ingerenze. Mi limito ad essere un’osservatrice che ferma il momento magico, frutto di intuizione, colpo di genio, conoscenza della tecnica, sensibilità verso la luce e i luoghi, capacità di cogliere l’attimo e tanta, tanta pazienza, anche nell’accettare gli insuccessi. Vede, in fotografia non esiste, se non raramente, il colpo di fortuna; sembra un paradosso, ma dietro agli scatti “incredibili” c’è soprattutto pianificazione.

D: Si può ancora dare qualcosa di nuovo in fotografia?

R: Benché tutto sia stato fotografato, non si è esaurita la possibilità di continuare a scattare, c’è spazio per molto ancora, perché ogni fotografo ha la sua impostazione, il suo carattere e la sua capacità peculiare di guardare attraverso l’obiettivo e quindi non ci saranno mai foto uguali e non se ne avrà mai abbastanza di belle foto. Ognuno di noi porta sé stesso nelle foto che fa e soprattutto porta il suo modo di vedere persone e luoghi, cose, colori.

D: Oggi si parla di Intelligenza Artificiale, come crede che possa cambiare il mondo della fotografia?

R: Il progresso non si ferma, è come cercare di bloccare il mare con un retino; eravamo spaventati dall’informatica trent’anni fa, in fotografia il passaggio dalla pellicola al digitale ha significato molto e molti di noi erano preoccupati, convinti che la tecnologia avrebbe tolto il fascino della pellicola nelle immagini. questo non è avvenuto, lavoriamo bene con il digitale e ne sfruttiamo i vantaggi. Non temo l’IA benché venga usata molto per creare immagini ma, come ho detto prima, il fattore umano resterà prevalente, perché un’immagine costruita da gli algoritmi non possiederà mai un cuore e un’anima come i “pezzi unici” che ogni fotografo sa creare.

D: Quanto è gratificata nel vedere il suo lavoro apprezzato dai visitatori?

R: Molto! Le soddisfazioni che ho dalla pubblicazione di miei scatti su riviste del settore (National Geographic più di tutti, ma anche Dodho Magazine, AAP, Il fotografo) e dai riconoscimenti in concorsi nazionali e internazionali (National Geographic, PX3, Mifa, IPA, ND, Monovision, WWDPhC) mi ripaga della fatica, dei lunghi appostamenti e delle location a volte davvero impossibili. Mi capita di essere nella natura vergine e di combattere con insetti, animali di ogni sorta, temperature impossibili e posizioni acrobatiche, ma ne vale la pena vedendo il gradimento del pubblico.

Ho esposto i miei lavori a Torino, Reggio Emilia, Tortona e Piobesi Torinese, oltre che al Festival della Fotografia Etica di Lodi e soprattutto nell’ambito del prestigioso Atlas of Humanity che è stato in mostra a Milano, Parigi e recentemente a New York.

Sono stata inoltre più volte chiamata a presentare i miei lavori in serate a tema presso Circoli Fotografici e Culturali.

Ringraziando Chiara per la sua schiettezza e per il tempo che mi ha dedicato mi sono soffermata a guardare la sua produzione, rimanendo rapita dalla bellezza e dalla genuinità delle sue fotografie, che hanno saputo trasmettermi la vera essenza del momento, del luogo e delle anime di ciò che ha immortalato e credo che questo sia lo scopo del suo lavoro.

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