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“Torino è la città più profonda, più enigmatica, più inquietante, non d’Italia ma del mondo.”
(Giorgio De Chirico)

Senza l’Italia, Torino sarebbe più o meno la stessa cosa. Ma senza Torino, l’Italia sarebbe molto diversa.
(Umberto Eco)

Quando si parla di Torino in chiave esoterica, la si considera il trait-d‘union che accomuna altre interessanti città magiche: Praga, Lione, Parigi, Londra e San Francisco, tutte mete “ai confini della realtà”, tra mito e storia. Il tour a piedi della durata di circa tre ore farà rivivere le atmosfere di racconti legati a punti particolari del centro città; storie che parlano di vita vissuta e di sofferenze, di tragedie e di superstizioni, che si tramandano da secoli, tra memoria e leggenda. Armatevi di quaderno per gli appunti, fotocamere e animo affamato di mistero, per andare alla scoperta di un’altra Torino misteriosa.

Piazza Statuto

Qui vi sono tre punti particolari nascosti tra le rocce del monumento dedicato ai caduti del traforo del Frejus. In epoca romana questa parte della città si trovava ad Occidente, dove tramonta il sole e iniziano le tenebre e per questo era considerata una zona infausta; infatti fuori dalla Porta Segusina (così detta perché da essa partivano le due importanti strade per la Val di Susa: la strada Rippolarum verso Rivoli e la via Collegii verso Collegno), venivano giustiziati i condannati e tumulati i defunti. Qui iniziava la vasta necropoli che andava dall’attuale Corso Francia fino a Via Cibrario e Corso Principe Eugenio, allungandosi sino a corso Valdocco (contrazione di “Vallis Occisorum”). La piazza nel Medioevo era ancora uno dei quattro ingressi della città e manteneva il nome di Porta Segusina; fu abbattuta nel 1585 e il suo nome trasformato in Porta Susa e dato alla piazza; in seguito venne ribattezzata con il nome attuale, a ricordo della promulgazione dello Statuto Albertino. Il nome di Porta Susa restò invece alla stazione ferroviaria, costruita nella vicina Piazza XVIII Dicembre. Dal punto di vista esoterico, il vertice del triangolo della magia nera (gli altri sarebbero a Londra e San Francisco) cade sull’obelisco della piazza; esso culmina con un astrolabio alla sommità, eretto vicino al monumento del Frejus. In realtà l’obelisco è stato eretto su un punto geodetico, ad indicare il passaggio del 45° parallelo. Per i popoli antichi, molti dei punti ritenuti magici in realtà coincidevano inconsapevolmente con i punti geodetici. Se pensiamo alla magia semplicemente come interpretazione degli eventi naturali inspiegabili, possiamo ipotizzare che per quei popoli porre una necropoli in un posto specifico non fosse stabilito esclusivamente da un piano urbanistico. Collocare il vertice del triangolo nero dove un tempo sorgeva la necropoli assume un significato basato su fatti concreti. Per lo stesso motivo non è azzardato collocare il vertice del triangolo bianco, costituito da Torino con Praga e Lione, nella parte est della città. Tracciando una linea ideale lungo l’asse tra oriente e occidente partendo dal monumento alle vittime del traforo, incontriamo palazzo Madama Cristina, nobildonna torinese che durante il regno del marito, portò a Torino i migliori alchimisti dell’epoca. L’alchimia rappresenta nel caso del metallo la trasformazione tra due stati, dal poco pregiato a prezioso, ma in senso più elevato rappresenta il passaggio dalle tenebre alla luce o, in questo caso, tra la vita e la morte. Il monumento al centro della piazza, dedicato alla realizzazione del Traforo Ferroviario del Frejus, fu concepito dal Conte Marcello Panissera di Veglio e inaugurato nel 1879. È una piramide di massi provenienti proprio dallo scavo; la piramide è sovrastata da un genio alato, sotto il quale trovano posto le figure marmoree dei Titani abbattuti: un trionfo della ragione sulla forza bruta, nello spirito positivista dell’epoca. Nella tradizione popolare a questo significato originario se ne è sovrapposto un altro, secondo cui il monumento celebra le sofferenze dei minatori per realizzare l’opera; la figura alata in cima al monumento regge un pentacolo con due punte rivolte verso l’alto. Nel linguaggio simbolico esso rappresenta la conoscenza. Secondo la “tradizione” teologica, il custode della conoscenza, del ‘lume della ragione’, intesa nella sua accezione più antica, era Lucifero. In astronomia Lucifero è il nome che porta Venere, la ‘Stella’ del mattino. A queste premesse va aggiunta la meticolosa ricerca dei membri della Massoneria della conoscenza assoluta. In questo senso, il monumento dovrebbe rappresentare l’affannosa ricerca dell’uomo della conoscenza. A rafforzare il significato esoterico è la posizione dell’Angelo, che dà le spalle a Via Garibaldi e guarda verso la Vallis Occisorum.

Vallis Occisorum: la Necropoli, il Rondò della Forca e le sacre strutture protettive

L’intera città di Torino pare “giocare” col dualismo tra luce e tenebre, tra bene e male. Oltre alla contrapposizione tra il Lucifero di Piazza Statuto e la chiesa della Gran Madre di Dio, altri luoghi rievocano l’eterno conflitto; ad esempio il Rondò della Forca, luogo in cui venivano giustiziati i condannati, il sito è al centro tra il Santuario della Consolata e la chiesa di Maria Ausiliatrice. Di fianco ad esso si trova l’attuale palazzo dell’anagrafe e del catasto, ex istituto psichiatrico femminile (la copia dell’ex ospedale psichiatrico di Collegno). Di fronte all’istituto si trova la casa della Divina Provvidenza, nota come “Cottolengo”, dal nome del suo fondatore. La strana ubicazione degli edifici attorno alla piazza fa pensare che sia stata studiata per mettere in equilibrio le forze magiche, tra luce e oscurità. Si dice che sia Maria Ausiliatrice, sia le altre strutture sacre, siano sigilli di altrettante porte dell’Inferno. Lo stesso Don Bosco volle la costruzione della grande Basilica in quel punto e le sue spoglie inumate al suo interno, accentuano la sacralità della protezione della città.

I sotterranei della Consolata

Si prosegue in direzione Porta Palazzo passando per la Chiesa della Consolata, nei cui sotterranei sono ospitati numerosi resti di religiosi, tumulati in un cimitero sorto tra cunicoli mai aperti prima alle visite. Andando avanti verso sud si incontrano le Porte Palatine, rimaste misteriosamente intatte dall’epoca romana e testimoni della prigionia di Ponzio Pilato, prima del suo esilio in Francia, accusato di numerose stragi. Il Duomo, cassaforte inespugnabile a protezione del Sudario di Cristo, La Sacra Sindone, scampata in modo miracoloso a due incendi, uno di pochi anni orsono, che distrusse parte della biblioteca di palazzo Reale e del tetto della stessa chiesa. All’esterno dell’edificio si trova una delle poche meridiane zodiacali esistenti e funzionanti. La sua particolarità consiste nel fatto che non segna il regolare trascorrere del tempo, bensì indica, in base al periodo astronomico, quale segno zodiacale domina il mese in cui ci si trova. La “chiave” di lettura per comprendere la stravagante presenza della meridiana è il portale del Duomo. La sua soglia è zona di contatto tra il mondo visibile e quello invisibile; l’uso dei simboli rendeva la cattedrale la porta di passaggio per i pagani, da una religiosità primitiva verso la conoscenza del grande mistero di Dio.

Palazzo Reale

Alle spalle del Duomo si trova il Palazzo del Re, con il suo portone di ferro sovrastato dalle statue di Castore e Polluce. I due gemelli della mitologia Greca e Romana, figli di Zeus e di Leda: Polluce è immortale mentre Castore non lo è. Rappresentano quindi simbolicamente lo spirito e la materia, ovvero l’anima ed il corpo. Ponendoli a custodia di un varco, questo viene protetto sia in senso spirituale che materiale e quel varco porta alle grotte alchemiche. Stando alla leggenda, gli ingressi sono celati, nonostante Torino ospiti le sedi di due logge massoniche.

Via Cappel Verde

Sempre nella zona del Quadrilatero, conosciuta per la movida di Torino e per i suoi caratteristici ristoranti, incontriamo una via che narra storie particolari. È una piccola e stretta via in pieno centro storico, che deve il suo nome a un’antica locanda, la cui insegna mostrava un curioso copricapo di colore verde. La via è divenuta famosa nell’800 per un fatto a metà tra esoterismo e realtà; residente al numero 6 della via, infatti, era una donna di nome Enrichetta Baumann, meglio conosciuta come Enrichetta Naum, nata nel 1846. La donna è passata alla storia come l’unica donna esorcista nell’intera nazione, riconosciuta dalle autorità politiche e religiose. Le notizie veritiere iniziano intorno agli ultimi decenni dell’800; a quel tempo risale la sua capacità di scacciare demoni e spiriti maligni e, secondo alcuni, di curare malattie misteriose. Molte sono le dicerie, pochi i fatti concreti e dimostrabili. È certo però che al secondo piano di via Cappel Verde numero 6 succedessero strane cose: odori sgradevoli e intensi, litanie, preghiere e urla disumane provenivano dalla casa; pare che i “pazienti” ne trovassero poi beneficio. Per questa ragione i servigi della signora Naum iniziarono ad essere molto richiesti, tanto che nel 1895 l’allora autorità clericale la nominò ufficialmente “esorcista”. La donna era solita dopo le procedure di “purificazione dal demonio”, accompagnare i clienti in una chiesa vicina, per convertirli al Cristianesimo. Alcuni sostengono che la donna fosse imparentata per via materna con qualche “masca”, montanare con capacità esoteriche e spirituali. Enrichetta era esperta di riti ed esorcismi perché vicino alla sua abitazione vi era la biblioteca della chiesa, qui poteva consultare numerosi testi che trattavano l’argomento delle pratiche esoteriche e degli esorcismi. Le cronache documentano in modo ufficiale un solo caso di guarigione: quello del quattordicenne Giuseppe Brossa; secondo la madre sarebbe stato posseduto dal demonio, che lo costringeva ad avere atteggiamenti deplorevoli. Su consiglio del parroco si recò da Enrichetta che con preghiere, litanie e pozioni magiche, raggiunse lo scopo. Ciò che è sicuro è che oggi Via Cappel Verde è considerata una delle tappe obbligate del turismo magico ed esoterico di Torino. Sembra infatti che Enrichetta non abbia mai realmente abbandonato la sua casa

Via Bellezia/Via Bonelli 2

Via Bonelli è un vicolo molto corto che si trova tra Via delle Orfane e Vvia Bellezia. È una delle poche strade che non rispettano la pianta a scacchiera torinese.Questa via storta è conosciuta come la via del boia. A partire dal XVI secolo, infatti, i boia di Torino hanno sempre abitato qui. L’ultimo, Pietro Pantoni, ha abitato al civico 2. Pantoni era un impiegato comunale che per necessità era finito a tirare la corda del patibolo. Fu un uomo solo proprio a causa del suo mestiere. Usciva poco dal suo appartamento. Si dice che avesse un unico amico: un certo Caranca, becchino di Rivarolo. Riuscì anche a sposarsi e fu Giuseppe Cafasso, guarda caso il santo degli impiccati, a celebrare il suo matrimonio nel 1846. Si dice infine che andasse nella chiesa di Via Sant’Agostino a pregare per espiare i suoi sensi di colpa.

Portone del diavolo

Il portone di Palazzo Trucchi di Levaldigi è conosciuto come il portone del Diavolo. Questo palazzo ospita oggi la sede della Banca Nazionale del Lavoro e, vista la nomea del uscio, è conosciuto anche come Palazzo del Diavolo. Il portone fu scolpito nel 1675 da una manifattura di Parigi su richiesta di Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi. La porta è riccamente intagliata e adorna di fiori, frutta, animali ed amorini. La cosa più interessante, quella che ha contribuito al nome che porta, è il batacchio centrale che raffigura il diavolo che scruta chi bussa alla porta. La parte finale, quella che si impugna, è composta da due serpenti le cui teste si uniscono nel punto centrale. La versione “magica” sostiene che il portone sia comparso dal nulla una notte, quando un apprendista stregone pare avesse invocato le forze oscure e lo stesso Satana, che scocciato da questa intemperanza, decise di punirlo imprigionandolo dietro il portone, che il malcapitato non riuscì mai più ad aprire. Si narra inoltre che in quell’epoca fosse sede della Fabbrica dei Tarocchi. Una curiosità, coincidenza o una conferma della magia nera che si accumula in questo palazzo secondo gli esoteristi, la carta dei tarocchi che è associata al Diavolo è il 15, che era nel 1600 il numero civico del palazzo. Nel 1790 il palazzo appartenne a Marianna Carolina di Savoia; si narra che durante una importante e sontuosa festa di carnevale, una delle danzatrici che si esibiva per intrattenere gli ospiti, fosse caduta a terra pugnalata a morte. Il colpevole non fu mai trovato, come l’arma del delitto. La notte stessa dell’omicidio si scatenò sulla città una tempesta di vento e pioggia culminata con lampi accecanti, tuoni fragorosi e vetri frantumati. Un vento freddo soffiò all’interno del palazzo e spense tutte le luci, gli invitati scapparono urlanti. Poco tempo dopo venne avvistato un fantasma che si aggirava per le stanze del palazzo, quello della ballerina crudelmente uccisa la notte della festa. Un’altra leggenda dice che all’inizio dell‘800, durante l’occupazione francese, un tale maggiore Melchiorre Du Perril fosse entrato nel palazzo per consumare un pasto veloce, prima di partire con documenti segreti ed importanti. L’uomo atteso fuori dal suo cocchiere, non uscì mai più dal palazzo. Sembra che vent’anni dopo, durante i lavori di ristrutturazione alcuni operai, abbattendo un muro, vi avessero trovato uno scheletro sepolto in piedi.

Immagine e demoni in Piazza San Carlo

Il turista distratto dall’apertura tra i palazzi di Piazza San Carlo potrebbe perdere la concentrazione sulle decine di facce umane e mostruose presenti sui cornicioni dei palazzi. Sono circa settanta e si dice che fossero poste lì a difesa dal ritorno di Lucifero o come feticci scaccia-malefici, fatti eseguire a protezione della città. Forse qualche segreto ancora nascosto potrebbe avere soluzioni sconvolgenti.

Palazzo Barolo

Tornando in centro, in Via delle Orfane troviamo un’altra fonte di leggende. La più famosa riguarda Palazzo Barolo, in Via delle Orfane, 7. Secondo la tradizione popolare, nelle notti di luna piena si aggirerebbe all’interno dell’edificio il fantasma della nobildonna Elena Matilde Provana di Druento. Era figlia del conte Giacinto Antonio Ottavio e di Anna Costanza Doria. La donna era stata data in sposa, per volontà del padre, al cugino Gerolamo IV Gabriele Falletti, marchese di Castagnole. Le nozze si sono celebrate nel 1695. Il padre, però, non era in grado di versare la dote a causa dei debiti accumulati con il gioco. Per questo richiamò la figlia, rinchiudendola nelle stanze del palazzo di Via delle Orfane. Ella, costretta a lasciare marito e figli, impazzì a causa del crudele provvedimento del genitore. Si suicidò la mattina del 24 febbraio 1701, gettandosi da una finestra del primo piano. Si narra che dal momento stesso della separazione dell’anima dal corpo, lo spirito di Matilde abbia cominciato ad aggirarsi irrequieto. Ha iniziato a ripercorrere ossessivamente il cammino che conduce dall’atrio del palazzo alle sale del piano superiore.

Piazza Solferino, fiume sotterraneo e fontana massonica

La penultima tappa ci porta in un luogo considerato “conditio sine qua non”: la fontana di piazza Solferino, davanti al teatro Alfieri.

Venne chiamata Angelica per volere del Ministro Bajnotti che negli anni Venti, alla sua morte, lasciò 150mila lire per farla costruire in memoria dei suoi genitori. Inizialmente la fontana doveva essere eretta di fronte al Duomo di Torino, ma poi si cambiò la location optando per piazza Solferino. Lo scultore Giovanni Riva modificò il progetto perché il volto di una delle due statue maschili guardasse verso Oriente, punto sacro da cui sorge il sole: una simbologia di energia positiva. La fontana è formata da quattro statue, due femminili e due maschili, che secondo la leggenda nascondono il significato magico e i simboli della massoneria. Sono quattro come le stagioni: le due donne che rappresentano la primavera e l’estate, l’amore sacro e quello profano, i due uomini l’autunno e l’inverno. Queste ultime due statue sono Boaz e Jaquim, i guardiani delle colonne d’Ercole che sin dagli albori della civiltà erano poste all’ingresso di luoghi sacri, misteriosi e ignoti. In massoneria Boaz e Jaquim sono uno i simboli della «fratellanza». Dalle colonne che reggono esce l’acqua della fontana, il simbolo per eccellenza della indispensabile purificazione e anche elemento del nuovo battesimo che fa rinascere l’uomo e lo instrada sulla via iniziatica, la soglia invalicabile per i profani. Guardando bene la fontana, si nota un rettangolo perfetto tra i due guardiani Boaz e Jaquim che non sarebbe frutto della casualità. Quella forma geometrica rappresenterebbe il cuore del mistero della fontana Angelica, una soglia invalicabile per i profani, oltre la quale c’è una dimensione sconosciuta.

Chiesa della Gran Madre: la Vergine con simboli massonici

Ed eccoci all’ultima tappa inserita tra i misteri di Torino. Non può che concludersi qui la visita a piedi, prima di una meritata pausa in piazza Vittorio con degustazione di assenzio per ricaricarsi e camminare fino a Piazza Statuto, da dove eravamo partiti. Qualora la parte centrale del nome (Gran Madre) non evocasse a sufficienza ricordi di un’epoca romana dimenticata o forse ancora antecedente, tale compito sarebbe svolto dalla struttura della chiesa. L’edificio potrebbe sembrare un tempio pagano, in quanto ha forma circolare. Per rispettare tale forma i campanili sono stati posti in cima agli edifici adiacenti. L’architetto potrebbe aver richiamato la forma delle prime chiese cristiane che avevano tale aspetto per diverse ragioni. Le prime chiese, come molte festività, svolgevano funzione di ponte tra le religioni pre-cristiane, quindi costruire una chiesa con la forma di un tempio voleva significare che il Cristianesimo era la presa di coscienza di una verità superiore. La conseguenza del paganesimo e non la contrapposizione. Inoltre le chiese avevano forma circolare perché i cerchi concentrici indicavano il livello di appartenenza raggiunto con i riti di iniziazione quali battesimo, comunione e cresima. In terzo luogo il cerchio indica lo spirito. Il tempio fu eretto per festeggiare il ritorno del re Vittorio Emanuele I di Savoia il 20 maggio 1814 dopo la sconfitta di Napoleone. Sul timpano della chiesa è presente l’epigrafe «ORDO POPULUSQUE TAURINUS OB ADVENTUM REGIS» (La città e i cittadini di Torino per il ritorno del re), scritta dal latinista Michele Provana del Sabbione. Una delle tre statue all’ingresso regge un calice (il sacro Graal), ma stranamente la madre di Gesù indossa un velo sulla testa secondo la moda romana anziché ebraica. La seconda regge una croce ma sembrerebbe sedere sopra la tiara papale, o meglio la tiara sarebbe posta ai “piedi” della madre di Dio. Secondo un’interpretazione di una profezia di Nostradamus la caduta del potere secolare della Chiesa dovrebbe partire dalla città bagnata dai due fiumi. Per molti tale città è Torino. Secondo la leggenda, sotto la chiesa si troverebbe una statua di Iside, divinità egizia femminile. Per alcuni la Gran Madre non è altro che la Madre Terra venerata dai Galli Taurini che qui vivevano. Ancora due ipotesi. La chiesa sorge nella parte est della città ed è posta aldilà del fiume più lungo d’Italia. Presupposti che riportano alla simbologia legata all’ultimo viaggio dei defunti. Si tenga a mente che la necropoli sorgeva ad ovest, direzione cardinale legata alla discesa del sole, al suo declino, il sole morente cede il passo alla Luna. Dall’ovest i defunti intraprendevano il viaggio verso est, verso la luce, quindi verso il Po per giungere infine al tempio della Gran Madre. Il tempio fu edificato nel 1814, ma forse precedentemente l’area occupava un tempio pagano dedicato alla Madre Terra. E come bonus…

Via Lanza e la casa del film “Profondo Rosso”

Passando dal centro vero e proprio della città e spostandosi ad osservare la collina di Torino, troviamo Villa Scott. Progettata da Pietro Fenoglio nel 1902, la villa è caratterizzata da un fantasioso repertorio liberty, pervaso talora da stilemi di matrice neo-rococò. L’edificio è celebre per essere stato location per alcune scene del film Profondo Rosso, diretto da Dario Argento, da sempre amante di Torino per le location dei suoi horror movies, nel 1975. E con questo, ritornando al punto di partenza, sicuramente enigmi ne abbiamo trattati, misteri ne abbiamo svelati ma nulla potrà mai essere certo, occorrerebbe viaggiare nel tempo in questi luoghi affascinanti per comprendere se tutto ciò sia realtà o fantasia. Certo è che la spiegazione a tutto farebbe perdere fascino e mistero, quindi a voi partecipanti, l’interpretazione.