Il 14 febbraio 1929 è una mattina di cielo nuvoloso e freddo intenso a Chicago, la città del vento. In città tutto si muove come al solito in quest’epoca di proibizionismo dove trionfa il liquore di contrabbando e quello fatto in casa che non solo scalda la gola ma torce le budella.
Tutto si muove nella solita staticità, neanche un soffio di vento oggi nella città del vento. Una Cadillac nera si ferma come scolpita sul cielo plumbeo e su un marciapiedi ancor più grigio davanti al garage della SMC Cartage Company al 2122 di North Clark Street.
Ne scendono quattro uomini, uno resta al volante in attesa. All’interno del garage vi sono sette uomini, malavitosi del gruppo di Moran che imperversa in mezza città con alcool e armi. Nel garage l’aria è come sospesa, carica di quell’elettricità che precede sempre un evento particolare , che fa formicolare la pelle anche se non se ne sa il perché.
I quattro uomini entrano e dopo poco l’unico suono che si ode è quello dei colpi di mitragliatore, poi il silenzio beffardo. Lo stesso silenzio che accompagna l’uscita dei quattro uomini che veloci montano sulla Cadillac già pronta a partire e si defilano per le strade di Chicago inghiottiti nei suoi meandri così come l’auto che non sarà mai ritrovata. Nel garage ora c’è solo l’odore acre del fumo di polvere da sparo che si mescola a quello dolciastro del sangue.
E subito la notizia fa il giro della città, l’efferatezza del crimine è sbattuta con tanto di foto su tutti i giornali , crimini ancor più atroci di quelli a cui Chicago era ormai abituata in quest’epoca. 14 febbraio 1929 sera: rintanato nella sua tana Al Capone si gode la cena. Un pensiero gli gira per la testa: ha finalmente vendicato il tentato omicidio da parte di Moran ai danni di John Torrio, il suo mentore, colui che gli ha insegnato tutto ciò che sa. Ma ora anche Torrio è fuggito da Chicago temendo per la sua vita, Moran ha avuto il suo avvertimento e ora la città ha un unico padrone.
È un re Capone ora mentre rimira la sua immagine nei suoi piatti d’ oro, mentre striscia la forchetta sul piatto e ammira i suoi quattro rebbi, quattro come gli uomini che hanno ucciso, quattro come i quattro chiodi che chiudono le bare e lui oggi a contribuito a chiuderne un pò. Sorride Capone, accosta con voluttà il calice di vino alle labbra, mangia un boccone di arrosto, ma soprattutto guarda Chicago dalla finestra , posa la mano sul vetro, lo accarezza dolcemente quasi la città sotto di lui fosse una bellissima donna con cui fare l’amore.
Cade una goccia di vino sulla mano mentre beve, accosta il dito alla bocca, fa saettare la lingua e la lecca con un sorriso sornione sul volto. Sorride Capone, alza il calice e fa un brindisi alla sua immagine riflessa nella finestra sopra la città: Chicago ha un nuovo re, lunga vita al re.