La liberazione dall’occupazione nazista va celebrata perché è una festa ed io la celebrerò finché avrò vita, ripensando ai miei genitori che fortemente la desiderarono. L’Italia si liberò allora dal giogo di un invasore che aveva imposto sui territori occupati leggi e usi incompatibili col nostro comune sentire. In Italia le leggi razziste, dette “razziali”, imposte dal regime fascista, avevano dato adito a forme vergognosamente persecutorie ma non ancora a quella forma di sistematico sterminio che sappiamo essersi attuata nei campi di concentramento nazisti. Qui – durante l’occupazione nazista – furono avviati cittadini italiani “colpevoli” d’essere ebrei, zingari, omosessuali o dissidenti politici. La lotta al nazifascismo fu per gli italiani l’occasione per ritrovare la dignità di un popolo che seppe rivendicare il diritto alla sovranità, sancito dalla Costituzione repubblicana. Da allora non siamo gregge e tutti siamo e dobbiamo sforzarci di essere e-gregi signori, capaci, in quanto tali, di uscire dal gregge, che inselvatichito si fa branco, e sentire il dovere di costruirci una nostra identità personale, grazie alla quale contribuire al progresso culturale, civile, economico di una società aperta al dialogo e al confronto che travalica i confini nazionali. Quando a quest’obbligo veniamo meno, abbiamo tradito le aspettative di quanti in quei giorni lontani, in quelle ore di speranza e di attesa, si adoperarono per la conquista della libertà, un bene che non ha prezzo e che bisogna imparare ad amare, per poco che si voglia tutelare un prezioso retaggio culturale che deve essere orgoglio dell’Europa moderna.