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Lo scorso 28 dicembre un convegno ha raccontato a tutto tondo la figura dello scrittore e regista piemontese. Fu un grande innovatore, il primo a portare il cibo e i vini in televisione, 50 anni prima di Masterchef e dei programmi di cucina.

Scrittore, regista, gourmet, pioniere della televisione, dandy, bon vivant, viaggiatore, innamorato della vita. Mario Soldati (Torino, 1906 – Tellaro, 1999) è stato tutte queste cose e molte altre ancora: un innovatore, un uomo di cultura realmente contemporaneo la cui lunga esistenza ha attraversato tutto il Novecento. Tra le sfaccettature della poliedrica personalità di Soldati, la sua capacità di affrontare con approccio moderno il racconto del vino, della cucina e delle eccellenze enogastronomiche d’Italia è stata protagonista del convegno “Mario Soldati, il racconto del gusto”, che si è tenuto lo scorso 28 dicembre nel teatro dell’Istituto San Giuseppe, a Torino. Al convegno, che è stato organizzato dall’Associazione Culturale e Formativa Mario Soldati con il sostegno della Regione Piemonte, hanno partecipato, in veste di relatori, 11 esponenti del mondo culturale ed enogastronomico tanto caro a Mario Soldati, stimolati da Guido Barosio. Barosio – giornalista, promotore dell’Associazione Mario Soldati e dell’omonimo Master in Comunicazione Turistica ed Enogastronomia – ha introdotto i lavori del convegno sottolineando come la figura di Soldati, nei decenni successivi alla sua morte, sia stata ingiustamente lasciata appannare da un velo di polvere. “Eppure Soldati è stato un innovatore – ha ricordato Barosio – anticipando lo stile narrativo del gusto che oggi è proprio dei format internazionali più riusciti. Le immagini della sua trasmissione Rai del 1954 ‘Alla ricerca dei cibi genuini – Viaggio nella Valle del Po sono entrate a far parte della storia della televisione italiana”.
Ogni intervento ha proposto un approccio a Soldati da un diverso punto di vista. Giulio Biino, presidente del Circolo dei Lettori, ha preso spunto dalla produzione letteraria di Soldati tratteggiando un parallelo con un altro grande piemontese, Giovanni Arpino. Poi si è addentrato nel tema di Soldati narratore del gusto, ricordando il suo celebre reportage “Vino al vino”: “Soldati era convinto che il cibo e il vino dovessero dare piacere; è stato tra i primi a riconoscere l’importanza delle produzioni artigianali, in tempi di industrializzazione alimentare. Se oggi i giovani conoscono meglio di ieri ciò che mangiano e bevono, è merito suo e dei suoi successori”. Del contesto enogastronomico italiano nel Dopoguerra e durante il boom economico hanno parlato Mara Antonaccio, biologa nutrizionista, il giornalista Marco Trabucco e Elisabetta Cocito, direttrice del Centro Studi piemontese dell’Accademia Italiana della Cucina. Trabucco, in particolare, ha definito Soldati un “sacerdote del rito di passaggio dalla società contadina a quella industriale, che raccontò, non senza nostalgia, un modo che stava cambiando velocemente, anche a tavola, lasciandosi alle spalle il piccolo mondo antico dal quale Soldati proveniva”. Mario Soldati, pur essendo uomo di mondo (noti e ben narrati i suoi soggiorni americani), fu sempre molto legato all’Italia, in particolare ad alcuni luoghi, toccati nel suo intervento dalla giornalista Rosalba Graglia: Torino, di cui mal tollerava i cambiamenti verso la modernità, Roma, città del Soldati regista; il lago d’Orta e Tellaro in Liguria, di cui Soldati si innamorò grazie a una gita in barca e dove trascorse l’ultima parte della sua vita. Qui ebbe modo di conoscerlo Paolo Verri, manager culturale, che ha ricordato con emozione quell’incontro, segnalando come nello scrittore e regista torinese si compenetrassero “ricerca del piacere e senso del dovere”. In chiusura dei lavori Andrea Tronzano, assessore regionale al Bilancio con competenza allo sviluppo delle attività produttive e delle PMI, ha incoronato Mario Soldati, definendolo “l’archetipo della persona che serve oggi. Uno che ha saputo continuamente sognare, inventare, innovare, senza mai abbandonare la propria terra”.