È un canto, l’ultimo film di Sorrentino. Una lenta e seducente serenata d’amore e rimprovero a una Napoli bellissima e dannata. A incarnare la città è Parthenope. È lei la protagonista del film: è la Napoli che ammalia e respinge, enigmatica e seducente, ma tormentata e piena di contraddizioni. Parthenope è una creatura sfuggente, capace di affascinare chiunque entri nella sua orbita. Nemmeno il fratello di Parthenope, Raimondo, riesce a resistere al richiamo ipnotico della giovane donna. Il loro legame, profondo e tormentato, culmina in un epilogo tragico: infatti Raimondo, disperato, si uccide. Il dolore per la morte del fratello sembra essere l’unico sentimento che la giovane donna riesce a vivere fino in fondo. Per il resto affronta la vita con distacco glaciale, andando incontro a un destino che non conosce, ma a cui sa di non poter fuggire. La ragazza, quindi, non si concentra tanto sulla propria vita, quanto su quella degli altri. Perfettamente consapevole del proprio potere seduttivo e della propria intelligenza, utilizza queste sue doti per indagare e tentare di comprendere il mondo che la circonda. Ad aiutarla in questo suo percorso è il professore universitario Marotta: unica persona con cui la giovane riesce a instaurare un rapporto autentico, libero da giudizi e tensioni carnali. Marotta è una presenza discreta, ma fondamentale: una guida intellettuale che invita Parthenope a “saper vedere”, a osservare il mondo senza pregiudizi e con inesauribile curiosità. Parthenope, dunque, esplora e incarna una Napoli colta e bellissima, ma piena di ombre. Un crocevia di infinite possibilità e di altrettante perdizioni, dove sublime e grottesco coesistono e s’intrecciano, creando un contrasto inquietante e, forse proprio per questo, irresistibile. Per tutta la durata del film, compresa la scena finale, lo spettatore avverte un senso di incompiutezza, che rappresenta il significato più profondo dell’opera: Parthenope, come Napoli, è un mistero che sfugge alla comprensione totale: non può essere afferrato o risolto, ma solo contemplato, lasciandosi avvolgere e sedurre dalla forza incantatrice del suo canto.
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