La storica pista del Lingotto, che un tempo serviva per testare le automobili Fiat, si erge oggi sul tetto del celebre complesso torinese, dove l’industria automobilistica ha forgiato il destino dell’Italia del dopoguerra. Qui, il panorama mozzafiato che si apre sulla città, abbracciata dalle Alpi, accoglie visitatori che passeggiano tra arte e memoria. La pista, con le sue rampe elicoidali, sembra dilatarsi nello spazio, circondata da opere contemporanee e un giardino pensile, creando un incontro tra storia e modernità. Sull’edificio svetta “Lo Scrigno”, il cuore della Pinacoteca Agnelli, progettato da Renzo Piano, che custodisce 25 opere d’arte che attraversano i secoli.
Fino al 25 maggio 2025, la Pinacoteca ospita una retrospettiva di Salvo, uno dei protagonisti più importanti dell’arte italiana del Novecento. Nato Salvatore Mangione a Leonforte nel 1947, Salvo si trasferì presto a Torino, dove si immersi nella scena culturale della città. La mostra, curata da Sarah Cosulich e Lucrezia Calabrò Visconti, celebra la sua carriera, a 17 anni dall’ultima grande esposizione dedicata a lui alla Galleria d’Arte Moderna.
Il titolo della mostra, “Arrivare in Tempo”, riflette il costante dialogo di Salvo con il suo tempo e con la storia dell’arte. Sebbene figlio del suo periodo, Salvo seppe sempre anticipare i tempi, elaborando un linguaggio artistico autonomo e profondo. Già da giovane, dipingeva e vendeva copie di grandi maestri, e a soli 16 anni esponeva una sua opera alla Promotrice delle Belle Arti di Torino. Dopo un’esperienza nelle rivolte del ’68 a Parigi, il suo ritorno a Torino negli anni ’70 lo portò a entrare in contatto con la vivace scena artistica locale, che includeva figure come Boetti, Pistoletto e Merz.
Non facilmente classificabile in un singolo movimento, la sua arte riflette influenze dell’arte povera e concettuale, ma si distacca da esse per un percorso intellettualmente indipendente. Salvo, infatti, non si limitò a usare materiali poveri come i suoi contemporanei, ma incise parole su marmo, richiamando l’antichità per conferire una dimensione di eternità al suo messaggio. Le sue frasi lapidarie, ripetute su lastre di pietra, giocano sul tema della ripetizione e della variabilità del tempo, un concetto che esplorò anche nei suoi dipinti, dove le immagini si mescolano con il linguaggio.
La sua arte è anche un atto di autocelebrazione e citazionismo: nei suoi lavori, Salvo dialoga con i maestri del passato e si pone al loro fianco. Celebra se stesso come artista attraverso una serie di autoritratti e di interventi sulle cronache giornalistiche, dove sostituisce la propria immagine a quella dei protagonisti. Le sue opere più iconiche, come l’autoritratto “Come Raffaello” del 1970, sono un chiaro esempio del suo narcisismo provocatorio, ma anche del suo desiderio di fondere passato e presente.
A partire dagli anni ’70, Salvo dipinse paesaggi che attingevano alla tradizione classica ma li trasformavano in visioni oniriche e fantastiche. Colonne romane, moschee e paesaggi esotici si mescolano in scenari irreali e stilizzati, che evocano atmosfere metafisiche. “Arrivare in Tempo” significa anche attraversare diverse sfumature di luce e di tempo, come nei paesaggi che rappresentano momenti diversi della giornata, in un gioco di riflessi e colori.
La sua arte non è solo una riflessione sul passato, ma anche una meditazione sul tempo e sulle sue molteplici dimensioni. Le sue visioni notturne, le luci artificiali dei bar e i personaggi enigmatici che vi abitano, evocano un senso di allucinazione e di esplorazione interiore, che rimandano ai mondi immaginari di De Chirico e Rosai.
Con questa retrospettiva, Torino celebra Salvo come uno dei più grandi artisti italiani, un appuntamento imperdibile con la storia, la cultura e la bellezza.