Le interviste ai personaggi che animano la vita culturale del territorio sono diventate ormai una gradevole abitudine de “Le 3 valli magazine” ma questa volta la lettera inviatami da Simonetta era così bella, così esaustiva nel racconto e nei contenuti, che ho voluto pubblicarla così, integrale e personalissima.
“Le case di Torino apparivano ancora sventrate dalle bombe nel ‘48, quando Mario ed Ebe, freschi sposi ventenni, lasciano Torino e si imbarcano per un lungo viaggio che li avrebbe portati in Argentina, a Buenos Aires. Le difficoltà iniziali vengono superate con successo, però, dopo soli quattro anni, in seguito alla morte di Evita Peron, ritornano in Italia, con un figlio di due anni per mano, Mario José, e ricominciano una nuova vita. Inopinatamente, sei anni dopo, nasco io e sarò la genita seconda, anagraficamente e percettivamente. Vivo l’infanzia e l’adolescenza chiusa in me stessa, insicura e timida, in un ambiente famigliare che non sento sufficientemente in sintonia con le mie sensibilità. Questa situazione di isolamento mi spinge, durante le scuole elementari e medie inferiori, ad affidare i miei sentimenti alle poesie (la prima, ricordo, a sette anni sul mio barboncino nano Black), che riscuotono interesse tra le mie compagne ed amiche. Verso i sette anni (anche per sopperire alla mia eccessiva magrezza ed esilità), mia madre mi avvicina alla danza classica, nella quale, con grandi sacrifici, riesco a raggiungere livelli oggettivamente apprezzabili sotto la valente guida di noti ballerini ed insegnati: inizialmente Susanna Egri, successivamente Paolo Bortoluzzi ed infine Loredana Furno, del cui gruppo professionisti entro a far parte a 18 anni, per poi, poco dopo, abbandonare la danza per intervenuta incompatibilità con altri crescenti impegni.
Dopo la maturità scientifica, infatti, mi iscrivo alla facoltà di Lingue e Letterature straniere moderne, in particolare inglese e tedesco. A 21 anni, sposandomi con Alessandro di dieci anni più vecchio di me, cambio radicalmente vita ed ambiente, mi appassiono alla pratica di sport immersi nella natura (sci alpinismo, hiking, vela, snorkeling), però continuo gli studi e mi laureo con una tesi sull’originale saggio di De Quincey “On murder, considered as one of the fine arts”. Approfondisco gli studi linguistici presso il Goethe Institut e lo Shenker ed acquisisco il Proficiency a 28 anni, pochi giorni prima della nascita di mia figlia Marzia.
Per molti anni abbandono la letteratura, dedicandomi a crescere Marzia, ad avviare un’attività di antiquariato (anche per emanciparmi da mio marito, industriale chimico di successo), a viaggiare conoscendo altri paesi, altri panorami, altre architetture, altre popolazioni, altre storie, pur mantenendo le pratiche sportive. Attorno ai 35 anni, rispolvero la passione per la danza, praticando prima Danze Popolari Brasiliane sotto la guida del maestro, coreografo e costumista brasiliano Louis Mendoza, successivamente Danze Afro Brasiliane con il maestro brasiliano Elisio Ferrandes e Danze Afro Cubane con l’insegnate Franca Aimone, infine Danza Afro, entrando a far parte del corpo di ballo della famosa coreografa Katina Genero ed ottenendo grandi soddisfazioni, culminate con il successo dello spettacolo “Mille e non più mille” al teatro Alfieri di Torino allo scadere del millennio.
L’ultimo spicchio della mia esperienza lo vivo insieme a mio marito, che trascino in pista con i balli latino-americani e soprattutto sul palco con il Tango Argentino Escenario, passione travolgente e canto del cigno. A 52 anni mi iscrivo all’Unitre – Università della terza età- di Moncalieri, e seguo assiduamente i corsi di Letteratura, di Poesia, di Filosofia, di Storia, di Storia dell’Arte, di Architettura e di Informatica, partecipando ad innumerevoli tour culturali in tutta Italia. Finalmente, verso i 57 anni riaffiora la vena poetica della mia infanzia, ricomincio a comporre poesie e, dal 2016 al 2020, partecipo a tutti i Concorsi Letterari indetti annualmente dalla Unitre, estesi a tutto il territorio nazionale, ottenendo molte menzioni e premi, sino al primo premio assoluto nel 2018. Ogni anno, tutte le opere letterarie presentate vengono raccolte in una pubblicazione a cura dell’Unitre, la cui diffusione ha permesso ad Umberto Maccioni (Circolo dei Lettori) di conoscermi e di diffondere ultimamente alcune mie poesie in rete, attraverso i suoi seguiti canali YouTube e Facebook denominati “Spigolando con Umberto”.
Purtroppo, a causa di una degenerazione maculare genetica inguaribile e particolarmente aggressiva, negli ultimi due anni ho perso quasi completamente la vista, con conseguenti grandi difficoltà anche nella scrittura dei miei testi e nella lettura di quelli altrui (ho ricevuto un valido aiuto nella soluzione dei miei problemi dall’assidua assistenza e dal concreto supporto fornitomi meritevolmente dall’Apri – Associazione Pro Retinopatici ed Ipovedenti di Torino). Tra gli autori che ho letto e di cui ultimamente ascolto le letture, tralasciando gli innumerevoli autori inglesi e tedeschi dati per scontati visto i miei studi universitari, prevalgono quelli del ‘900 italiano (in ordine cronologico anagrafico: Pascoli, Dannunzio, Pirandello, Saba, Gozzano, Govoni, Palazzeschi, Sbarbaro, Ungaretti, Montale, Pavese, Pozzi, Calvino, Merini, Cavalli, Benni …) oltre a Neruda e all’originale Szymborska.
Ovviamente, l’ispirazione ed il tenore delle mie poesie sono influenzate sia dalla mia naturale indole, sia dalle esperienze vissute (non ultima la perdita di mio fratello cinquantenne e dei miei genitori nel giro di pochi anni). Mi guardo attorno e tendo a recepire in modo diretto il dolore, la pena e l’angoscia che agitano e segnano le vite di tante, troppe persone in ogni dove ed in ogni tempo e me ne faccio carico a modo mio. Ad esempio, memore dell’esperienza dei miei genitori, mi hanno sempre emozionato migranti e naufraghi, e poi terrorismo, guerre, inquinamento, sprechi, incendi, femminicidio, bullismo, violenza sui minori, commercio di organi, vecchiaia, demenza, oblio, malattia, anoressia … Però, sono ispirata anche da amore, mare, primavera, nuvole, sogni, sorrisi, natura, serenità, dalla candida innocenza dei bambini … e mi interessano financo i calembour. La scintilla creativa trae origine dalla frequentazione dei media, da notizie, da immagini sia reali sia oniriche (che emergono dal mio Io più profondo e che cerco di rendere vivide e reali), a volte da una sola parola, tanto che non è raro che nasca nella mia mente prima il titolo e poi la poesia.
Anche gli ambienti in cui vengo a trovarmi e le situazioni istantanee che vivo posso generare un flash che mi appunto e sviluppo successivamente. Di tanto in tanto, anche per coltivare un legame privilegiato che arricchisce la mia vita, mi diletto a creare poesie dedicate ai miei famigliari (a tutti e in particolare a mio marito ed al mio adorato nipotino Leonardo, che mi ostino ad accudire nonostante l’ipovedenza) soprattutto, ma non esclusivamente, in occasione di eventi come compleanni, anniversari, nascite, lauree, successi, matrimoni, abitudine ormai inveterata che genera anche una sincera (spero) aspettativa nei destinatari. Normalmente, la fase creativa dura diverse ore, periodo durante il quale mi isolo, in un ambiente protetto da stimoli estranei ed interferenze (in casa o preferibilmente all’aperto), immersa nella musica classica o da relax (quale In the Mood For Love di Shigeru Umebayashi o Love Me If You Dare di Philippe Rombi). Dopo la prima stesura, il processo di affinamento per correzioni e integrazioni è spesso lungo e complesso.
La struttura metrica dei miei componimenti è basata su versi liberi, arricchiti da assonanze, rime, enjambement, elementi ritmici. In genere le mie poesie sono immaginifiche, intendo, cioè, trasporre in immagini vivide i miei sentimenti, in modo da poter introdurre con naturalezza il lettore nel mio mondo interiore. A tutt’oggi, la mia antologia conta 115 composizioni poetiche.”
Ecco una poesia che Simonetta ha scritto recentemente, cui allego la critica di Silvia Giordanino Poetto
Divagazione sul tempo
Che gran burloni i giorni:
bambini impertinenti
ed anche un po’ insolenti,
che di mattino appaiono
d’improvviso con cartelle
colme di magie e tranelli
e poi – senza nemmeno
un saluto né preavviso –
scompaiono nell’oscuro
incanto della notte.
Alcuni di loro, i più gentili,
di buon’ora ti svegliano con caffè
caldo e soffici bignè da gustare,
però, senza troppo a lungo oziare.
Guai a te poi se nella quotidiana
corsa t’inciampi o cadi: quei bulli
arroganti non si fermeranno
ad aiutarti – indaffarati come sono
ad arrampicarsi lesti e leggeri
come ragni sui serici panneggi
di ore e minuti.
Sordi e ciechi alla tua gioia
ed al tuo dolore, su di te
poseranno con sgomento
i loro stupefatti occhi
allorché, sciolti gli ormeggi,
per altro lido salperai,
dove il tempo non avrà luogo
ed i giorni non avranno senso.
“Poesia molto profonda, cara Simonetta La prima immagine che ho avuto è quella della descrizione di un sogno con immagini molto vivide e colorate, più che nella realtà. Ho recepito questo sciame di bambini che ti viene incontro vociante, festoso, pieni di regali e di aspettative. Vivi proprio questo momento di luce che è l’inizio della giornata. Ovviamente fai la trasposizione della giornata in quello che è l’arco di tutta la vita, quindi le aspettative dell’inizio della vita sono quelle di bambini pieni di premesse e di promesse. E poi c’è la fase invece della maturità, anche quella molto colorata e molto ben delineata, che vede questo nostro arrampicarci nelle sedici ore della nostra veglia che corrispondono alla maturità, alla parte centrale della nostra vita, nella quale noi abbiamo la responsabilità delle nostre azioni e a volte prendiamo molti colpi e molte ferite.
Fin qui la parte onirica.
Poi arriva la parte più sensibile, più tenera, anche forse con un velo di tristezza, la fase del declino, l’entrata nel buio della notte, tant’è vero che molte persone fanno fatica ad addormentarsi proprio perché c’è sempre la corrispondenza tra sonno e fine della vita. E questo lo descrivi molto bene in questi ormeggi che si sciolgono e si entra in questo grande lago silenzioso senza tempo senza spazio senza misure E quindi questo è anche rivelatore della tua anima, che ha una sua presenza di impatto sempre serena, ridi volentieri, sei di buonumore, sei allegra, equilibrata. Poi però sotto c’è questo fondo di tristezza e che è un po’ il nostro angolo segreto: non sei solo serenità, positiva e ottimista, c’è anche questa visione della bambina triste, pensierosa, riflessiva, che si guarda indietro, che riesce a guardare tutto l’insieme senza vedere il frazionamento delle giornate o delle parti di vita non legate tra di loro, che invece tu vedi in una visione di insieme. Questo rivela la tua anima e dunque io ti sono molto riconoscente di avermi fatto entrare nel tuo giardino segreto, perché non troppi fanno entrare nell’intimo della loro anima altre persone, se non sono sicure di essere comprese.
Ora, io non lo so se ti ho compresa, però ti sono molto riconoscente di essere riuscita a entrare, ad avere accesso a questa parte tua segreta.
Ti ringrazio di nuovo e quindi possiamo trovare una frequenza di comprensione, che non è soltanto la frequenza della superficialità esteriore, ma quella di una certa qual diversa profondità di vedere le cose, di intendere la vita e di viverla secondo una interpretazione che è diversa uno dall’altro, ovviamente, molto diversa. Ti abbraccio fortemente e continua perché scrivi bene, soprattutto tu riesci a dare delle bellissime immagini quando fai le poesie, perché le spieghi, le fai vedere proprio.
Simonetta ha anche ricevuto numerosi premi e attestati, qui ne pubblichiamo uno.
La sinfonia del mare
Assorto ascolto la tua polifonica sinfonia,
lama tagliente che affonda nel ventre
del tronfio maestrale.
E’ l’urlo di gioia dell’onda
sciolta dallo spumoso laccio
del ceruleo amante
che la costringe geloso
al suo focoso abbraccio.
E’ il gemito blando e suadente
del flutto che cede distrutto
al suo impetuoso desiderio.
Ora m’incanta un’eco ancestrale e lontana:
odo urla e pianti di naufraghi
annegati; schianti di battaglie
e guerre sante; flebili canti,
lamenti di schiavi incatenati, di antichi
prigionieri e scaltri briganti;
euforiche voci da inesplorate terre ed ignoti mari;
i tonfi delle vittime
e gli acuti dei sopravvissuti.
Ma nel tuo profondo grembo
due sole note modulano
palpitanti il tuo canto estremo:
vita e morte, a cui tu rendi
antico omaggio, abbracciate
cantano all’unisono
la tua beffarda ed eterna sinfonia.