Riassunto dell’intervento al convegno del 28 dicembre: Mario Soldati, il racconto del gusto.
A rivedere oggi il “Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini” programma “ideato, diretto e presentato” (come lui stesso ci teneva a sottolineare) da Mario Soldati colpisce la semplicità e l’immediatezza del suo linguaggio. Siamo nel 1957, la Rai trasmette su un solo canale in bianco e nero, Soldati ha 51 anni ed è già uno scrittore e un regista affermato, ma nonostante i suoi vezzi da dandy (il basco, le sciarpe, la pipa) si mette al servizio del pubblico. Non usa un linguaggio forbito o saccente, non parla dall’alto delle sue conoscenze, si dimostra in molti casi umile, confessando ad esempio a un pescatore o a un contadino che lui di quel pesce o di quell’ortaggio non sa nulla. E’ anche in questo sta la chiave del successo di quello che fu il primo programma di enogastronomia in Italia: essendo il suo pubblico formato in parte da persone poco alfabetizzate Soldati sa comunicare con immediatezza e semplicità. Si può anche pensare che sia un modo di comunicare appreso dai suoi lunghi soggiorni in America, dove la televisione era molto avanti rispetto al nostro Paese. E si può anche ipotizzare che un pizzico di influenza americana ci sia in quella silhouette col suo profilo con cui iniziava il programma, che faceva subito pensare ai telefilm di Hitchcock. Ma non c’era certo nel suo programma la tensione di un giallo, né l’adrenalina sovente fastidiosa di molti attuali programmi di cucina anzi colpisce il tono colloquiale e sereno, quasi da parroco di campagna che Soldati sapeva sfoderare. Io ho scoperto Soldati gastronomo relativamente tardi. Ricordo un suo elzeviro sulla Stampa nell’estate del 1975. Il Pci aveva appena vinto le elezioni amministrative che l’avrebbero portato a governare le più importanti città italiane. Soldati raccontava un festival dell’Unità in provincia di La Spezia e tesseva l’elogio dei testaroli e della massaie che li preparavano. “Se il Pci governerà come queste donne preparano da mangiare non c’è nulla da temere” concludeva. Questo elzeviro può essere preso ad esempio della capacità di Soldati di parlare di cibo per parlare della società e del contesto che quel cibo produce. Oggi che molta critica gastronomica è autoreferenziale, ti descrive le sfumature di un piatto o di un vino, ma dimentica le persone che ci sono dietro, la lezione di Soldati è quanto mai attuale.